Il nuovo fenomeno delle Social Street si sta diffondendo molto rapidamente. I vicini di strada si svelano a vicenda, si conoscono, diventano amici e fanno delle cose insieme; creano comunità. Gruppi di abitanti della stessa via che passano dal non conoscersi a prestarsi oggetti e scambiarsi favori con la semplice gratuità dell'amicizia. Tutti ne parlano e tutti ne scrivono, sempre di più e sempre con maggiore attenzione come se fosse qualche cosa di "strano", di "eccezionale" da studiare e da capire. Niente di tutto ciò. Le Social sono semplicemente il primo passo verso un ritorno a quanto di più naturale e spontaneo ci sia nell'umanità: socializzare. Dalla pioniera esperienza di via Fondazza a Bologna molte altre Social Street di questo tipo si sono diffuse su tutta la città e su tutta l'Italia e adesso, a distanza di qualche mese dalla prima, il tentativo di ri-appropriarsi dei rapporti umani tra vicini di casa pare stia contagiando anche altri paesi d'Europa con clamore dei media.
Che oggi, nel 2014, questa cosa sia diventata fonte di notizia ANSA è semplicemente la conferma di quanto la nostra società sia ormai completamente disgregata e inconsistente. Conoscersi tra vicini e vivere sapendo di avere una comunità accanto che non ci fa sentire soli sembra, infatti, un retaggio d'altri tempi, quasi un racconto scritto su pagine ingiallite di un vecchio libro, quando molti dei nostri anziani vivevano nei piccoli villaggi rurali e condividevano le loro vite con il vicinato che, spesso, era anche fonte di sopravvivenza. Questa pellicola sgranata in bianco e nero oggi sta però ri-acquisendo nuovi colori e vivaci sfumature che, via via, diventano sempre più nitide.
Non è la smania reazionaria di tornare alla mentalità degli anni '50 ma la voglia irrefrenabile di costruire modi solidali di stare insieme, maniere inclusive di vivere la propria via e la propria città con la consapevolezza che si tratta di ripartire da zero, di lavorare sopra le macerie che l'individualismo consumista ha lasciato dentro le anime delle donne e degli uomini del nostro tempo.
La notizia, appunto, è proprio questa: la gente sta cambiando, i cervelli si stanno muovendo e i neuroni schiacciati dal solito conformismo che ci vorrebbe tutti al centro commerciale si stanno svegliando. Condivisione contro competizione, accoglienza contro diffidenza, gioia contro paura, tante idee contro il pensiero unico: sono questi i concetti che si celano dietro l'esperienza delle Social Street; non so se in modo consapevole o meno ma coloro che ne fanno parte stanno mettendo in atto una vera e propria rivoluzione.
Prestarsi un trapano o un aspirapolvere senza nulla volere in cambio, sapendo che quel favore verrà ricambiato in miglioramento generale della qualità di vita per tutti, non è solo una cosa carina da fare è un vero e proprio modo per affermare a gran voce che non sempre occorre comprare, che non sempre serve possedere ma che basta conoscersi e condividere e un oggetto che prima era di uno adesso diventa di tanti senza che nessuno ci perda ma con il solo guadagno di tutti.
Salutarsi per strada e scambiare due parole non è solo buona educazione è lotta contro l'indifferenza, è capire che l'altro non è un nemico da abbattere alla stregua di un germe che ci consuma, ma un amico da affiancare per costruire qualcosa che è più bello e più grande di quello che saremmo riusciti a fare da soli. Diventare amici e stare insieme ci fa rompere quell'isolamento nel quale siamo immersi e che ha trasformato le nostre strade affollate in cimiteri di solitudini che si incontrano sul marciapiede schivandosi diligentemente.
Le Social Street abbattono la paura dell'altro, ci fanno capire che non c'è niente da temere, che ognuno di noi porta dentro di se un mondo che se condiviso, anche in minima parte, non può che arricchire quello degli altri e viceversa. Conoscersi equivale a comprendersi, a rispettarsi e questo porta all'unità che abbatte le barriere dell'isolamento ed improvvisamente le nostre case si aprono, si cucina tutti insieme, le vecchiette fanno la sfoglia per i giovani e i giovani fanno loro compagnia, si discute e si sta insieme e i divani prima fondi come tombe si riempono di allegri sederi di quelli che prima temevamo potessero nuocerci e che adesso ci aiutano ad imbiancare casa.
Tutto questo è semplicemente la forza rivoluzionaria della normalità quella che da tempo è stata bandita. Dove questa esperienza andrà a finire non lo so quello che però sento di dire è che potrebbe rivelarsi il seme di un cambio radicale del nostro stile di vita... speriamo sia cosi!
Valentino Paoloni
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