BOLOGNA, via Tagliapietre: il
santuario del Corpus Domini si erge con la sua modesta facciata rinascimentale
a ridosso della strada. È sabato sera e sta per iniziare la messa quando, preso
dalla curiosità, decido di entrare. Una fila di fedeli prega composta davanti ad
una porticina che apre alla cappella di santa Caterina da Bologna, la famosa
santa mummificata. Da anni vivo in questa città e mai avevo visto da vicino
quel cadavere che tanti venerano e al quale molti affidano le loro preghiere e
le loro speranze.
Si tratta di un corpo mummificato e conservato sino ai giorni
nostri dal 1463, data in cui la suora in questione morì. La cappella è piena di
ex-voto d’oro e d’argento e la gente si inginocchia al cospetto di Caterina che
è inserita all’interno di una teca di vetro, composta e seduta, con il suo
volto spettrale e nero, le mani che escono dal vestito come i piedi che
sporgono dalla sottana e che tutti tentano di avvicinare almeno con la punta
delle dita. Segni della croce e rosari si sprecano, commozione e contrizione
davanti alla maestà di quello che tutti chiamano “miracolo”.
Insomma uno spettacolo disgustoso e agghiacciante: gente disposta a
lasciare laute somme di denaro pur di vedere un cadavere esposto come al circo
degli orrori degno della serie tv “American Horror Sotory” o come nel set
cinematografico del film “La Mummia”.
Niente di più terrificante poi dei
commenti di chi afferma a bassa voce che le suore che si prendono cura della
mummia giurano che la sua pelle è ancora morbida e chi invece asserisce con
certezza che in alcuni giorni emana profumi celestiali.
Ho avuto, ammetto, un certo timore mentre ero davanti alla “santa”: non
ero spaventato dalla vista di quella suora in vetrina morta secoli fa ma dai
fedeli che la veneravano; gente che potrebbe fare qualunque cosa se solo la si
convincesse che è un miracolo, magari anche mummificare qualcun altro o
spezzettarne il corpo e spargere i suoi organi in giro dentro diverse teche
(come ad esempio hanno fatto con il cuore di Padre Pio e il suo osso del
collo), oppure dedicare stanze di conventi alla funzione di tombe stile antico
Egitto con mummie e imbalsamazioni delle consorelle giusto per non perdere la
loro santa memoria (come tra l’altro è già avvenuto in provincia di Rieti nel
monastero delle clarisse eremite di Fara in Sabina dove ci sono i corpi di 17
suore decedute e “miracolosamente” conservate intatte sino ad oggi).
Una chiesa Cattolica davvero all’avanguardia, fonte di ispirazione per i
migliori registi dell’Horror ma non solo: la fede è appunto cattolica,
“universale”, e la chiesa non poteva non avere velleità avanguardistiche anche
nel campo del trash. Ebbene molto prima della contemporanea cantante drag queen
con la barba Concita Wurst un’altra star internazionale barbuta era già apparsa
nell’VIII secolo.
Stiamo parlando di santa Vilgefortis conosciuta dai più come
la santa barbuta. Una donna portoghese che pur di mantenere il suo voto di
castità e non sposare il suo promesso chiese a Dio di farle perdere tutto il
suo sex-appeal e questi, in tutta risposta, le fece crescere una folta e
maschile barba. Ripudiata dal suo futuro sposo venne poi addirittura crocefissa
e, oggi, è venerata in diversi santuari di tutta Europa e raffigurata
praticamente come un Gesù in gonnella morente in croce.
Non ci resta quindi che sperare, con il recente annuncio di Papa
Francesco di uno straordinario Giubileo dal prossimo dicembre, l’apertura in
piazza S. Pietro del tendone del Circo Vaticano con tanto di mummie e
donne barbute per intrattenere i fedeli in attesa di passare dalla porta santa
e lavare cosi ogni peccato mortale. AMEN.
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