lunedì 28 aprile 2014

Omofobia di casa nelle scuole italiane.

Roma, professori leggono libro sull’amore gay. Denunce e proteste

TRATTO DA: Vnews24 

Gay – Insegnare, tra le difficili mura scolastiche, la tolleranza nei confronti del “diverso” è costata una denuncia a due professori del noto liceo “Giulio Cesare”, a Roma. La colpa dei docenti? Quella di aver scelto di far leggere ed analizzare ai propri studenti alcuni passi del bestseller di Melania G. Mazzucco “Sei come sei”, incentrato sulla storia di Eva, undicenne senza famiglia che alla morte del padre cerca il suo “altro” genitore: l’ uomo amato dal suo papà biologico. “Sei come sei” racconta al lettore, con toni delicati ma realistici, l’ amore gay ai tempi di oggi, con tutte le difficoltà burocratiche, sociali ed emotive che una famiglia omosessuale si ritrova ad affrontare.
TESTO “PORNOGRAFICO”. La scelta di introdurre, tra i testi scolastici, il discusso libro della Mazzucco, era stata presa dai due “prof.” con il nobile intento di avvicinare i giovani al complesso tema dell’ omosessualità. Gli insegnanti, cercando di mantenere fede al documento rilasciato dall’ Ufficio Nazionale anti-discriminazione razziale, avevano proprio scelto di analizzare alcuni passi di “Sei come sei” al fine di educare i propri studenti al rispetto e alla tolleranza delle famiglie ritenute “non convenzionali”. Le proteste, tuttavia, non erano tardate ad arrivare.
I primi a mettersi sul piede di guerra contro la coraggiosa scelta dei due professori erano state le associazioni Giuristi per la Vita e, soprattutto la Pro Vita Onlus, che aveva presentato un esposto alla Procura della Repubblica, che ha fatto conseguentemente scattare la denuncia contro gli insegnanti. I membri della Pro Vita hanno rimarcato, in particolare, il chiaro “Contenuto osceno e pornografico” riportato tra le righe del testo. Altro che amore gay, per le associazioni “Sei come sei” presenterebbe dei passi talmente “spinti” da urtare la sensibilità degli studenti, adolescenti di età compresa tra i 14 e i 16 anni. A nulla sono valsi i tentativi dei due accusati di spiegare la propria posizione: i docenti sono stati segnalati alle autorità per aver pubblicato spettacoli osceni e per aver corrotto dei minorenni.
SLOGAN OMOFOBO. La spinosa vicenda ha assunto dei contorni alquanto inquietanti nella mattinata di oggi, quando un gruppo di estremisti di estrema destra, identificatisi come appartenenti al gruppo di Lotta Studentesca (la formazione giovanile di Forza Nuova), ha manifestato davanti ai cancelli del “Giulio Cesare”, tenendo in mano uno striscione dai chiari contenuti omofobi. “Maschi selvatici, non checche isteriche”, era questo lo slogan riportato sullo striscione mostrato con immotivato orgoglio dai militanti di Lotta Studentesca, ai quali si è unito un corteo di studenti minorenni.
Forza Nuova ha rivendicato l’ azione di protesta contro la diffusione della “cultura gay” nelle scuole con un comunicato. “E’ inaccettabile che al giorno d’ oggi, con la crisi che impera, vengano presentati ai giovani modelli di vita deviati e perversi come se fossero la normalità o rappresentassero una priorità”, recita la nota, che conclude inneggiando al modello di famiglia tradizionale e con un monito che suona come una velata minaccia. “Spetterà a noi ragazzi rialzare le sorti del nostro Paese e non sarà certo attraverso la propaganda gay che ciò sarà possibile”.
SCUOLA E LIBERTA’ D’ ESPRESSIONE. Ai militanti neofascisti che guardano all’ omosessualità come ad un male da estirpare si rivolge il portavoce del Gay Center Fabrizio Marrazzo, che invita ad abbassare i toni. “Ciascuno ha il diritto di dire quello che pensa, ma questo diritto ha un limite: non può negare la libertà altrui o annullare la vita degli altri”, replica Marrazzo alle parole al “vetriolo” di Forza Nuova. “Il ruolo della scuola – aggiunge il leader del Gay Center – è di insegnare, più di ogni altra cosa, la libertà di opinione e di espressione delle proprie idee”. La strada verso il rispetto, la tolleranza e l’ uguaglianza sembra essere più intricata del previsto.

domenica 27 aprile 2014

Social Street: una semplice rivoluzione


   Il nuovo fenomeno delle Social Street si sta diffondendo molto rapidamente. I vicini di strada si svelano a vicenda, si conoscono, diventano amici e fanno delle cose insieme; creano comunità. Gruppi di abitanti della stessa via che passano dal non conoscersi a prestarsi oggetti e scambiarsi favori con la semplice gratuità dell'amicizia. Tutti ne parlano e tutti ne scrivono, sempre di più e sempre con maggiore attenzione come se fosse qualche cosa di "strano", di "eccezionale" da studiare e da capire. Niente di tutto ciò. Le Social sono semplicemente il primo passo verso un ritorno a quanto di più naturale e spontaneo ci sia nell'umanità: socializzare. Dalla pioniera esperienza di via Fondazza a Bologna molte altre Social Street di questo tipo si sono diffuse su tutta la città e su tutta l'Italia e adesso, a distanza di qualche mese dalla prima, il tentativo di ri-appropriarsi dei rapporti umani tra vicini di casa pare stia contagiando anche altri paesi d'Europa con clamore dei media.

   Che oggi, nel 2014, questa cosa sia diventata fonte di notizia ANSA è semplicemente la conferma di quanto la nostra società sia ormai completamente disgregata e inconsistente. Conoscersi tra vicini e vivere sapendo di avere una comunità accanto che non ci fa sentire soli sembra, infatti, un retaggio d'altri tempi, quasi un racconto scritto su pagine ingiallite di un vecchio libro, quando molti dei nostri anziani vivevano nei piccoli villaggi rurali e condividevano le loro vite con il vicinato che, spesso, era anche fonte di sopravvivenza. Questa pellicola sgranata in bianco e nero oggi sta però ri-acquisendo nuovi colori e vivaci sfumature che, via via, diventano sempre più nitide.

Non è la smania reazionaria di tornare alla mentalità degli anni '50 ma la voglia irrefrenabile di costruire modi solidali di stare insieme, maniere inclusive di vivere la propria via e la propria città con la consapevolezza che si tratta di ripartire da zero, di lavorare sopra le macerie che l'individualismo consumista ha lasciato dentro le anime delle donne e degli uomini del nostro tempo.

   La notizia, appunto, è proprio questa: la gente sta cambiando, i cervelli si stanno muovendo e i neuroni schiacciati dal solito conformismo che ci vorrebbe tutti al centro commerciale si stanno svegliando. Condivisione contro competizione, accoglienza contro diffidenza, gioia contro paura, tante idee contro il pensiero unico: sono questi i concetti che si celano dietro l'esperienza delle Social Street; non so se in modo consapevole o meno ma coloro che ne fanno parte stanno mettendo in atto una vera e propria rivoluzione. 

   Prestarsi un trapano o un aspirapolvere senza nulla volere in cambio, sapendo che quel favore verrà ricambiato in miglioramento generale della qualità di vita per tutti, non è solo una cosa carina da fare è un vero e proprio modo per affermare a gran voce che non sempre occorre comprare, che non sempre serve possedere ma che basta conoscersi e condividere e un oggetto che prima era di uno adesso diventa di tanti senza che nessuno ci perda ma con il solo guadagno di tutti.


   Salutarsi per strada e scambiare due parole non è solo buona educazione è lotta contro l'indifferenza, è capire che l'altro non è un nemico da abbattere alla stregua di un germe che ci consuma, ma un amico da affiancare per costruire qualcosa che è più bello e più grande di quello che saremmo riusciti a fare da soli. Diventare amici e stare insieme ci fa rompere quell'isolamento nel quale siamo immersi e che ha trasformato le nostre strade affollate in cimiteri di solitudini che si incontrano sul marciapiede schivandosi diligentemente. 

   Le Social Street abbattono la paura dell'altro, ci fanno capire che non c'è niente da temere, che ognuno di noi porta dentro di se un mondo che se condiviso, anche in minima parte, non può che arricchire quello degli altri e viceversa. Conoscersi equivale a comprendersi, a rispettarsi e questo porta all'unità che abbatte le barriere dell'isolamento ed improvvisamente le nostre case si aprono, si cucina tutti insieme, le vecchiette fanno la sfoglia per i giovani e i giovani fanno loro compagnia, si discute e si sta insieme e i divani prima fondi come tombe si riempono di allegri sederi di quelli che prima temevamo potessero nuocerci e che adesso ci aiutano ad imbiancare casa. 


   Tutto questo è semplicemente la forza rivoluzionaria della normalità quella che da tempo è stata bandita. Dove questa esperienza andrà a finire non lo so quello che però sento di dire è che potrebbe rivelarsi il seme di un cambio radicale del nostro stile di vita... speriamo sia cosi! 

   Valentino Paoloni







Giulietto Chiesa sulla crisi Ucraina

Articolo tratto da: l'AntiDiplomatico.it

"In Ucraina c'è stata un'aggressione dell'occidente alla Russia". Giulietto Chiesa


"L'Europa ha scelto di aprire una crisi gravissima, non considerando la storia"
di Alessandro Bianchi(con la preziosa collaborazione del Prof. Paolo Becchi)Giulietto Chiesa. Ex inviato a Mosca per l'Unità e La Stampa, oltre che per il TG5, il TG1 e il TG3. Fondatore nel 2010 del movimento politico-culturale Alternativa. Autore di Invece della catastrofe: Perché costruire un'alternativa è ormai indispensabile- La visita del presidente ucraino Yanukovich a Mosca è l'ultimo atto di una crisi che rischia di destabilizzare un paese strategicamente fondamentale. Come cambia ora la situazione?
Cambia completamente, vi è stata una svolta radicale. La Russia di Putin ha offerto al presidente ucraino un prestito da 15 miliardi di euro, per affrontare l'emergenza attuale, e la firma di un'intesa preliminare per diminuire il prezzo del gas a 280 dollari per mille metri cubi – circa 150-180 dollari in meno di quello che pagano gli altri paesi europei – per un risparmio complessivo di Kiev da due miliardi di dollari l'anno. Si tratta di un regalo immenso e vorrei che si misurasse la portata del gesto in modo appropriato, perché semplicemente non esiste un atto di questa portata nell'economia contemporanea. Può essere chiaramente spiegato solo come atto politico, di fratellanza, e capito a fondo solo se si comprende che Kiev è una componente essenziale della cultura e della storia russa. Con quest'offerta  Vladimir Putin sta salvando la pace internazionale. La Russia è nata in Ucraina, che è stata anche il suo baluardo difensivo durante la seconda guerra mondiale. Come si può immaginare che i russi non considerino questo un valore? L'Europa occidentale ha scelto consapevolmente, o per stupidità, di aprire una crisi gravissima, che non tiene conto della storia degli uomini.
I russi stanno difendendo sé stessi, una parte della storia, oltre ad una parte dei loro ex cittadini.Occorre non dimenticare che la maggioranza dei 48 milioni di ucraini è composta da persone di lingua e cultura russa. Persone niente affatto nostalgiche, ma che guardano al mondo con attenzione e stanno vedendo come, dopo il collasso dell'Unione Sovietica, i russi sono stati ampiamente discriminati in Lituania, Estonia e Lettonia. In Ucraina si immaginano di dover subire la stessa sorte una volta entrati in Europa.

- Perché secondo Lei i dirigenti dell'Unione Europea hanno voluto forzare la situazione in Ucraina in questo modo e qual è, pertanto, l'obiettivo di fondo della strategia scelta dall'occidente?
La mossa occidentale punta a spaccare il paese: in una situazione in cui la maggioranza delle persone è russa e vota Yanukovich, non si poteva non sapere che si sarebbe aperta una frattura  in un paese centrale per molte ragioni, in primo luogo per la sua posizione strategica. Ora è bene che l'opinione pubblica comprenda chel'obiettivo finale di questa mossa non è l'ingresso in Europa, ma chiaramente è quello di portare l'Ucraina nella Nato. Nessuno ne parla e proprio per questo è il punto centrale. La storia, del resto, la conosciamo bene: le tre Repubbliche baltiche, oltre alla Romania e la Bulgaria, prima di entrare nell'Ue sono state inglobate nell'Alleanza atlantica. Si tratta della continuazione della politica di espansione occidentale e di accerchiamento della Russia. E’ una politica che procede da vent’anni, cominciata con Boris Yeltsin e proseguita in parte da Putin. Per vent’anni l’Occidente si è trovato di fronte una Russia cedevole, quasi del tutto colonizzata. Ha offerto in cambio protezione agli oligarchi e possibilità di ospitare nelle banche occidentali i capitali che costoro  trafugavano dalla Russia dopo averla derubata. Ma la situazione è cambiata.  Ora a Mosca c’è  un leader che non accetta più questa situazione. Nelle nuove condizioni  pensare di continuare l’accerchiamento, e anzi renderlo più soffocante, non è più un’ipotesi realistica. Qualcuno dovrebbe spiegarlo a Berlino e a Bruxelles.
Se in Europa ci fossero dirigenti amanti della pace e lungimiranti l'avrebbero capito ma, dato che là abbiamo perlopiù minus habentes che pensano di essere ancora i dominatori del pianeta, i guai diventano potenzialmente enormi.

- Fino a che punto il presidente russo saprà spingersi per impedire il passaggio dell'Ucraina all'altro campo?
Questa politica occidentale verso l'Ucraina non può essere tollerata da una Russia che si considera ora, di nuovo sovrana ed indipendente. Non abbiamo avuto un'aggressione della Russia contro l’Ucraina, ma una dell'Europa contro la Russia. Putin vuole dimostrare di avere la forza necessaria per impedire una scelta che modificherebbe 40 anni di sicurezza strategica comune, quella che prese avvio dagli accordi di Helsinki e di Parigi.  L'ingresso della Nato in Ucraina modificherebbe di fatto, in modo drastico, tutti rapporti di forza e i parametri della sicurezza comune.  L’Alleanza occidentali si troverebbe a un passo dalla capitale della Russia.
Quello che i dirigenti europei devono capire è che semplicemente non si può fare: è una scelta non ragionevole, che azionerebbe una pericolosissima guerra fredda, in cui, tra l’altro, al contrario del passato, l'occidente non sarebbe più il dominatore. Putin ha fatto la sua mossa ed ha chiarito che non permetterà di superare questo limite.  La “grande novità” dei missili spostati a Kaliningrad è solo mistificazione: i centri militari della Nato sapevano della loro presenza da almeno uno-due anni – da quando gli Stati Uniti avevano deciso di comprare prima la Repubblica ceca e poi la Romania per far mettere nuovi sistemi radar ai confini con l'Ucraina  - ed il finto stupore di adesso vorrebbe far credere a una nuova minaccia russa maturata in questa crisi.  La spiegazione è che i russi hanno da tempo cominciato a prendere le loro misure.
Sono stato una decina di giorni fa in Russia nel pieno della crisi di Piazza Maidan e ho visto Putin per tre giorni di seguito in televisione per annunciare nuove misure di riarmo dunque, a partire dagli otto sommergibili atomici strategici pronti per il 2020. Si sta dunque preparando una serie di misure che puntano a preparare il “passaggio di campo”. L’Occidente che dovuto arretrare in Siria e in Iran, ma riapre l’offensiva in Europa. Ma chi è che attacca? Sempre l'Occidente. La propaganda ripete il mantra della “minaccia russa”. Ma, guarda caso,  non si  ricorda mai che la Russia non è impegnata su nessun fronte ormai da 20 anni ed è presente all'estero solo nella base militare siriana. Tutto questo mentre l'Occidente - soprattutto gli Stati Uniti - è impegnato in guerre in tutto il mondo. Come si può continuare a dire che è la Russia che minaccia, quando è esattamente l'opposto? La crisi dell'Ucraina va ripensata proprio nel quadro complessivo dell'offensiva dell'Occidente.

- Come giudica le visite frequenti di dirigenti europei in Ucraina a sostegno delle manifestazioni e, inoltre, cosa pensa del fatto che il senatore americano McCain da una piazza di Kiev abbia incitato apertamente alla ribellione?Per descrivere la gravità di ciò ch’è avvenuto basti pensare, come ipotesi scolastica, ad un semplice esempio. Immaginiamo che la Lega Nord in Italia raggiungesse il 40% dei voti e fosse il principale partito dell'opposizione. Potremmo noi accettare tranquillamente, senza protestare, che Francia, gran Bretagna, Stati Uniti, Bangladesh e altri inviassero a Milano decine di alti rappresentanti politici, diplomatici per incitare il Nord alla secessione? Ovvio che considereremmo un tale atteggiamento una patente provocazione e una violazione di ogni norma di correttezza internazionale. Evidente ingerenza dall’esterno negli affari interni del nostro paese. Eppure l’Europa ha fatto esattamente questo con l’Ucraina. E il senatore americano McCain

- Come uscirà l'Europa dalla crisi ucraina?
Ad un forum russo-europeo a cui ho partecipato recentemente a Bruxelles, una ricercatrice dell'Istituto degli affari internazionali di Mosca ha fatto un intervento illuminante per comprendere le implicazioni possibili della crisi ucraina. All'inizio pensavo fosse quasi una battuta, ma diceva cose molto serie quando ha invitato pubblicamente il presidente Putin ad assecondare le richieste di Polonia e dei paesi baltici, ripudiando finalmente il trattato Ribbentropp-Molotov, che precedette la seconda guerra mondiale. Le frontiere dell'Ucraina tornerebbero alla fase precedente, la Galizia tornerebbe in Polonia entrando in Europa, come chiede, legittimamente di poter fare. Tuttavia si creerebbe  un problemino tra due paesi europei:  infatti anche un terzo della Lituania, compresa la capitale Vilnius, tornerebbe in Polonia. Ci rendiamo conto della posta in gioco nel voler forzare la mano in questa questione? Da questa crisi l'Europa subirà inevitabilmente una grave sconfitta ed un peggioramento dei rapporti con la Russia. E' inevitabile se si continua a pagirare su questi tasti.  E la colpa sarà di politici come il presidente della Lituania e di Angela Merkel che hanno voluto forzare la rivolta.

- Riuscirà, secondo Lei, il presidente Yanukovich nel brevissimo periodo a destreggiarsi tra i due fuochi del progetto di Unione doganale di Putin e quello dell'Unione Europea, evitando un peggioramento della crisi?
Non lo so. Credo che la situazione sia ancora estremamente tesa e pericolosa. Yanukovich punterà a vincere le prossime elezioni attraverso il sostegno dei russofoni. Se dall'Europa si deciderà di soffiare sul fuoco, la crisi è ad un livello tale che può preludere all'inizio di un conflitto interno all’Ucraina. Mi auguro di no, chiaramente, ma è il quadro che si delinea attraverso una forzatura prolungata della situazione.
Il presidente ucraino se ne torna a Kiev da Mosca con un pacchetto di risultati considerevoli. Però, non bisogna dimenticare che – come ha reso noto Putin -  durante i colloqui non è stata affrontata la questione dell’ingresso dell’Ucraina nell'Unione doganale con Russia, Bielorussia e Kazakistan. Il negoziato è servito solo a fronteggiare l'emergenza e dare respiro al paese. Non è escluso che Putin abbia offerto a Yanukovich la possibilità di prendere tempo, senza forzare una decisione immediata. Si tratterebbe di una posizione ragionevole, che permetterebbe al presidente ucraino di presentarsi alle elezioni con una posizione neutrale tra i due blocchi. Una posizione accettabile sia per gli ucraini di lingua russa sia per gli altri che si sentono più vicini all'Europa.
Sono stato più volte in Ucraina lo scorso anno ed ho sostenuto, in una serie di incontri ed interviste, come il paese dovrebbe prendere due provvedimenti immediati: in primo luogo, Kiev dovrebbe dichiarare che non entrerà in ogni caso nella Nato. Sarebbe  un gesto molto forte. In secondo luogo, dovrebbe affermare che intende mantenere buoni rapporti con la Russia e con l'Europa. In seguito, dovrebbe stipulare accordi favorevoli con entrambe le due realtà doganali. Ne trarrebbe solo vantaggi, economici e politici. Perché non pensare ad un'Ucraina che per il suo passato, la sua storia, cultura e posizione, resti un paese neutrale, con un rapporto di buon vicinato con entrambi i grandi vicini? Sarebbe il tipo di politica estera che una Unione Europea ragionevole dovrebbe perseguire ed una soluzione che a Putin non dispiacerebbe.

- Qual è la peggiore ipotesi di escalation del conflitto possibile?
Lo scrive oggi (mercoledì, ndr) anche il New York Times: se l'Ucraina dovesse entrare nel blocco occidentale, Mosca prenderà misure di ritorsione sia militari che economiche. Ho letto una parte  delle oltre 900 pagine del documento che si sarebbe dovuto firmare a Vilnius. Prevedevano scelte molto drastiche, con  le imprese ucraine costrette a rompere qualsiasi legame con quelle russe. Tutte le esportazioni alimentari ucraine verso la Russia avrebbero avuto  seri ostacoli, in quanto l’Ucraina avrebbe dovuto cambiare il regime di tassazione, di controlli sanitari, di parametri tecnici di verifica delle merci: tutte modifiche costose a carico di ucraini e russi. Il cambio di campo dell’Ucraina modificherebbe completamente i rapporti economici e commerciali con la Russia, che sono oggi assolutamente prevalenti. Proviamo a metterci nei panni della Russia. Qualunque paese, in una tale situazione, sarebbe perfino costretto a prendere contromisure.

- La scelta occidentale di forzare la situazione in Ucraina può essere letta come il tentativo degli Stati Uniti di mandare un messaggio chiaro alla Russia su altri fronti, soprattutto per quel che riguarda il Medio Oriente?
 Le strategie delle grandi potenze non sono mai monodimensionali. Ci sono tanti fronti che sono aperti simultaneamente e si influenzano vicendevolmente. Magari c'è stata una certa autonomia europea in Ucraina, ma una parte della sua azione dipende da obiettivi strategici e geopolitici che gli Stati Uniti stanno perseguendo: non c'è il minimo dubbio a proposito. La teoria di Brzezinski sull'accerchiamento progressivo della Russia non è mai stata abbandonata: gli europei sono soggetti che seguono ed eseguono queste direttive. La crisi dell'Ucraina è un grande gioco sporco. Non c'era alcun bisogno in questo momento di accelerare sulla questione dell’accesso all’Unione Europea, ed esiste il rischio che anche in Georgia (che invece ha firmato) le tensioni si possano a breve accentuare.

- L'amicizia personale di Silvio Berlusconi con Putin è stata una assoluta peculiarità nei rapporti del presidente russo con un leader europeo. Si può dire a distanza di qualche anno che i progetti energetici dell'ex premier italiano possano aver dato fastidio a qualcuno? 

Non è certo un grande statista, ma Berlusconi aveva capito che tutta la politica americana verso la Russia non era in linea con il perseguimento dei suoi obiettivi. La sua politica estera è così entrata in collisione con Washington. Come la Germania era riuscita a bypassare Polonia e le repubbliche baltiche, facendo arrivare il gas russo in modo diretto attraverso il  North Stream, il progetto di Berlusconi con il South Stream era quello di collegare il sud dell'Europa al gas russo aggirando l'Ucraina. “Un giorno l'Europa mi sarà grata perché l'energia arriverà attraverso le vie che ho aiutato ad aprire”, aveva dichiarato Berlusconi, che si candidava a divenire un partner privilegiato di lungo periodo con la Russia. Questo ha dato fastidio. Se si vuole una contrapposizione tra Russia ed Europa, si deve trovare il modo di impedire che i russi vendano il gas all'Europa. In tal modo non solo si allenta la cooperazione tra Europa e Russia, ma si costringe l’Europa a comprare l’energia che arriverà dagli Stati Uniti, nel frattempo divenuti nuovamente esportatori di gas. Gas molto più economico di quello russo, ma proveniente dagli scisti bituminosi, che sono devastanti per il riscaldamento climatico e per gli equilibri ecologici. Più energia ai danni dell’ecosistema. E un’Europa sempre più incatenata al carro americano. Poveretti gli ucraini.