Qual è la mia causa? Di certo non
la causa dello Stato né quella dell’Umanità, tanto meno la causa di Dio, la mia
causa è solo quella che scaturisce dal mio egoismo per il quale ciò che è il
mio interesse è la mia causa: essa è La causa, l’unica per cui sacrificherei
la mia vita. La vita, infatti, non è altro che l’egoismo di ogni “io” in
assenza del quale non esisterebbe neanche. Max Stirner, uno dei pochi veri
libertari esistiti al mondo affermava più o meno questo e scioccava le coscienze
Ottocentesche venendo poi rifiutato e condannato dal pensiero di Marx e dal
comunismo rivoluzionario. La colpa di Stirner: non voler seguire la causa di
qualcun altro diventandone servo esecutore neanche se questa causa era quella
del comunismo, nemmeno se la dittatura auspicata era quella del proletariato.
Capisco la difficoltà di comprendere questo pensiero così apparentemente
estremo eppure se vi guardate dentro per un solo attimo eliminando i
condizionamenti operanti in noi sin dall’infanzia, potrete scoprire presto come
ogni giorno siamo chiamati ad immolarci per le cause di altri che, a loro
volta, si impegnano per le cause di altri ancora e cosi via sino alle ultime
cause di pochi che, invece, non rendono conto agli interessi di nessuno fuorché
dei propri.
Come adepti di una religione serviamo gli interessi di Dio
schiacciando quotidianamente le nostre individualità immolandole sull’altare
supremo della divinità. Dio, però, quale causa segue se non la sua soltanto?
Egli è la verità e come tale la causa di se stesso. Dio è egoista ma il suo
egoismo è fallace perché non si limita a
bramare il suo interesse ma, necessariamente, egli deve rendere le moltitudini
schiave al suo comando in quanto il servizio resogli da queste ultime lo rende
quello che è: l’unico egoismo possibile, l’unica individualità legale, l’unico
“io” che può esistere veramente. Ciò vuol dire che quando qualcuno vuole
imporre il proprio egoismo agli altri ciò non può che avvenire con la violenza
e con l’oppressione perché l’egoismo è la strada che ciascuno deve percorrere
per far vivere il proprio “io” e tale processo, in quanto appunto egoista, non
potrà mai prevedere che altri, come da schiavi, lo percorrano al posto di chi
ne è il possessore. Siamo soli davanti ai nostri interessi di felicità e vita,
solo io posso vivere la mia vita, soltanto io posso raggiungere la mia causa e
non posso farlo con l’ausilio di altri a meno che non sia il mio “io” malato e
distorto al punto tale da non credersi capace di riuscire a vivere per se
stesso pretendendo di diventare l’io di tutti elevandosi al rango di Dio.
Tale “io”
malato che è il Dio odierno è il sistema di mercato che lungi dall’essere
astratto è la legge stabilita da un manipolo di persone in carne ed ossa
esattamente come me e voi. Tali astuti malfattori si sono dati lo status di
divinità creando un sistema economico e sociale confacente ai loro privati
interessi rendendo tutti noi schiavi compiacenti della loro causa distorta e
malata. Non è un mondo diverso da quello che il comunismo ha creato in quelle
parti di mondo dove è stato applicato: uno stato regolatore di tutto, il popolo
schiavo e massificato, reso l’ombra di se stesso eliminando tutte le
particolarità degli esseri umani ad esso appartenenti. La pubblicità e lo
shopping ci distrugge l’anima perché ci rende pedine tutte uguali di un gioco
al massacro che fa comodo solo ad alcuni così come lo stato comunista ha
distrutto la sua gente dando a ciascuno un lavoro da fare secondo le necessità,
appunto, dello stato e livellando le persone eliminando sistematicamente ogni
tipo di diversità. Nulla di diverso è stato messo in atto dai fascismi.
Il
nucleo comune di tali errori è sempre lo stesso: i molti devono servire gli
interessi di pochi che credono di seguire solo il loro mentre invece sono
niente altri che farneticanti malati incapaci di vivere. La causa di una
persona si conclude nel servizio per la causa altrui. Nessuno è libero di
essere egoisticamente “io” andando per la strada del proprio soddisfacimento
personale e della propria unica felicità. Badate bene che neanche la causa del
popolo è quella che ci porterà alla libertà. Non è infatti giusto che le
persone muoiano in sanguinose rivoluzioni contro “Dio” sacrificandosi per
altre, non è infatti giusto che per l’amore del futuro uno si immoli senza mai
vedere gli ipotetici e poco probabili benefici del proprio operato. Non è alla
rivoluzione che dobbiamo anelare ma alla propria causa individuale e unica. Io
voglio essere felice adesso, oggi, in questo istante e non voglio morire per la
causa del popolo ne per quella del Re, voglio vivere della mia causa e morire
lo stesso per essa.
Come potrò dunque sovvertire l’ordine delle cause imposte
se non parteciperò alla rivoluzione? Come potremo noi individui cambiare il
mondo se non abbracceremo i fucili né crederemo più ad ogni forma di governo,
né di stato, né di Dio, né di popolo più sovrano del proprio “io”? Credo che la
risposta non si potrà mai trovare perché la domanda che ci siamo posti è
insensata. Non c’è nessun sistema che dobbiamo cambiare, nessuna società da
rendere perfetta: esiste solo la propria individualità da seguire nelle sue
aspirazioni profonde. Non siamo malvagi, se ci lasciamo rapire da noi stessi
non troveremo l’odio e la guerra, né smania di potere e ferocia; troveremo solo
il nostro essere uomini e donne. Se scoprissimo cosa vuol dire essere umani
allora in un giorno tutto questo dolore sparirebbe perché ci renderemmo conto
che nulla ha senso più di noi stessi, che niente e nessuno vale la pena più
dell’”io”.
L’Unica causa che non potrà mai scadere è l’interesse di ciascuno,
l’unica lotta che nessuno cesserebbe mai di portare avanti sarebbe quella della
felicità personale. Per questo io sono l’individuo egoista che incontra gli
egoismi altrui e intende organizzarsi con essi al fine di creare un insieme di
“io” capaci di combattere per una causa che non potrà mai scadere, in grado di
sacrificarsi per un interesse che non possono fare a meno di seguire: quello
individuale, la propria stessa sopravvivenza, l’intima volontà di essere pieni
di se per diventare se stessi e nulla più. Riconosco nell’altro davanti a me un
fine a se stesso, un limite invalicabile per impossibilità pratica e teorica di
entrare dentro di lui; sono impossibilitato da me stesso nel piegare la sua
volontà alla mia, nel renderlo schiavo della mia causa in quanto essa è solo
mia e nessuno potrà mai aiutarmi a portarla avanti.
Come il mio cuore che pulsa
sangue nelle mie vene non può essere quello di qualcun altro cosi la mia causa
non può essere quella di altri; cosi come le mie gambe mi portano dove devo
andare e non posso farlo con gambe appartenenti ad un altro così anche la mia
causa è solo mia e nessuno potrà mai risolverla al mio posto. Non ci sono
schiavi né padroni solo cause ed interessi individuali che naturalmente coesistono
per la stessa loro natura. Io sono l’anti Dio perché basto a me stesso e con
questo “me” mi approccio agli altri amando i loro “io”. Io sono l’anti Dio
perché ho capito che la più grande potenza è dentro di me e non ho bisogno di
crearmi seguaci servili per compiere i miei desideri in quanto l’unico mio
desiderio è realizzare la mia persona e per farlo posso usare solamente ciò che
ho dentro.
V.P.