sabato 25 ottobre 2014

Io sono l’anti-Dio.

Qual è la mia causa? Di certo non la causa dello Stato né quella dell’Umanità, tanto meno la causa di Dio, la mia causa è solo quella che scaturisce dal mio egoismo per il quale ciò che è il mio interesse è la mia causa: essa è La causa, l’unica per cui sacrificherei la mia vita. La vita, infatti, non è altro che l’egoismo di ogni “io” in assenza del quale non esisterebbe neanche. Max Stirner, uno dei pochi veri libertari esistiti al mondo affermava più o meno questo e scioccava le coscienze Ottocentesche venendo poi rifiutato e condannato dal pensiero di Marx e dal comunismo rivoluzionario. La colpa di Stirner: non voler seguire la causa di qualcun altro diventandone servo esecutore neanche se questa causa era quella del comunismo, nemmeno se la dittatura auspicata era quella del proletariato. Capisco la difficoltà di comprendere questo pensiero così apparentemente estremo eppure se vi guardate dentro per un solo attimo eliminando i condizionamenti operanti in noi sin dall’infanzia, potrete scoprire presto come ogni giorno siamo chiamati ad immolarci per le cause di altri che, a loro volta, si impegnano per le cause di altri ancora e cosi via sino alle ultime cause di pochi che, invece, non rendono conto agli interessi di nessuno fuorché dei propri. 

Come adepti di una religione serviamo gli interessi di Dio schiacciando quotidianamente le nostre individualità immolandole sull’altare supremo della divinità. Dio, però, quale causa segue se non la sua soltanto? Egli è la verità e come tale la causa di se stesso. Dio è egoista ma il suo egoismo è fallace perché  non si limita a bramare il suo interesse ma, necessariamente, egli deve rendere le moltitudini schiave al suo comando in quanto il servizio resogli da queste ultime lo rende quello che è: l’unico egoismo possibile, l’unica individualità legale, l’unico “io” che può esistere veramente. Ciò vuol dire che quando qualcuno vuole imporre il proprio egoismo agli altri ciò non può che avvenire con la violenza e con l’oppressione perché l’egoismo è la strada che ciascuno deve percorrere per far vivere il proprio “io” e tale processo, in quanto appunto egoista, non potrà mai prevedere che altri, come da schiavi, lo percorrano al posto di chi ne è il possessore. Siamo soli davanti ai nostri interessi di felicità e vita, solo io posso vivere la mia vita, soltanto io posso raggiungere la mia causa e non posso farlo con l’ausilio di altri a meno che non sia il mio “io” malato e distorto al punto tale da non credersi capace di riuscire a vivere per se stesso pretendendo di diventare l’io di tutti elevandosi al rango di Dio. 

Tale “io” malato che è il Dio odierno è il sistema di mercato che lungi dall’essere astratto è la legge stabilita da un manipolo di persone in carne ed ossa esattamente come me e voi. Tali astuti malfattori si sono dati lo status di divinità creando un sistema economico e sociale confacente ai loro privati interessi rendendo tutti noi schiavi compiacenti della loro causa distorta e malata. Non è un mondo diverso da quello che il comunismo ha creato in quelle parti di mondo dove è stato applicato: uno stato regolatore di tutto, il popolo schiavo e massificato, reso l’ombra di se stesso eliminando tutte le particolarità degli esseri umani ad esso appartenenti. La pubblicità e lo shopping ci distrugge l’anima perché ci rende pedine tutte uguali di un gioco al massacro che fa comodo solo ad alcuni così come lo stato comunista ha distrutto la sua gente dando a ciascuno un lavoro da fare secondo le necessità, appunto, dello stato e livellando le persone eliminando sistematicamente ogni tipo di diversità. Nulla di diverso è stato messo in atto dai fascismi. 

Il nucleo comune di tali errori è sempre lo stesso: i molti devono servire gli interessi di pochi che credono di seguire solo il loro mentre invece sono niente altri che farneticanti malati incapaci di vivere. La causa di una persona si conclude nel servizio per la causa altrui. Nessuno è libero di essere egoisticamente “io” andando per la strada del proprio soddisfacimento personale e della propria unica felicità. Badate bene che neanche la causa del popolo è quella che ci porterà alla libertà. Non è infatti giusto che le persone muoiano in sanguinose rivoluzioni contro “Dio” sacrificandosi per altre, non è infatti giusto che per l’amore del futuro uno si immoli senza mai vedere gli ipotetici e poco probabili benefici del proprio operato. Non è alla rivoluzione che dobbiamo anelare ma alla propria causa individuale e unica. Io voglio essere felice adesso, oggi, in questo istante e non voglio morire per la causa del popolo ne per quella del Re, voglio vivere della mia causa e morire lo stesso per essa. 

Come potrò dunque sovvertire l’ordine delle cause imposte se non parteciperò alla rivoluzione? Come potremo noi individui cambiare il mondo se non abbracceremo i fucili né crederemo più ad ogni forma di governo, né di stato, né di Dio, né di popolo più sovrano del proprio “io”? Credo che la risposta non si potrà mai trovare perché la domanda che ci siamo posti è insensata. Non c’è nessun sistema che dobbiamo cambiare, nessuna società da rendere perfetta: esiste solo la propria individualità da seguire nelle sue aspirazioni profonde. Non siamo malvagi, se ci lasciamo rapire da noi stessi non troveremo l’odio e la guerra, né smania di potere e ferocia; troveremo solo il nostro essere uomini e donne. Se scoprissimo cosa vuol dire essere umani allora in un giorno tutto questo dolore sparirebbe perché ci renderemmo conto che nulla ha senso più di noi stessi, che niente e nessuno vale la pena più dell’”io”. 

L’Unica causa che non potrà mai scadere è l’interesse di ciascuno, l’unica lotta che nessuno cesserebbe mai di portare avanti sarebbe quella della felicità personale. Per questo io sono l’individuo egoista che incontra gli egoismi altrui e intende organizzarsi con essi al fine di creare un insieme di “io” capaci di combattere per una causa che non potrà mai scadere, in grado di sacrificarsi per un interesse che non possono fare a meno di seguire: quello individuale, la propria stessa sopravvivenza, l’intima volontà di essere pieni di se per diventare se stessi e nulla più. Riconosco nell’altro davanti a me un fine a se stesso, un limite invalicabile per impossibilità pratica e teorica di entrare dentro di lui; sono impossibilitato da me stesso nel piegare la sua volontà alla mia, nel renderlo schiavo della mia causa in quanto essa è solo mia e nessuno potrà mai aiutarmi a portarla avanti. 

Come il mio cuore che pulsa sangue nelle mie vene non può essere quello di qualcun altro cosi la mia causa non può essere quella di altri; cosi come le mie gambe mi portano dove devo andare e non posso farlo con gambe appartenenti ad un altro così anche la mia causa è solo mia e nessuno potrà mai risolverla al mio posto. Non ci sono schiavi né padroni solo cause ed interessi individuali che naturalmente coesistono per la stessa loro natura. Io sono l’anti Dio perché basto a me stesso e con questo “me” mi approccio agli altri amando i loro “io”. Io sono l’anti Dio perché ho capito che la più grande potenza è dentro di me e non ho bisogno di crearmi seguaci servili per compiere i miei desideri in quanto l’unico mio desiderio è realizzare la mia persona e per farlo posso usare solamente ciò che ho dentro.


V.P. 

Dall’economia all’eutéleia. Scintille di decrescita e d’anarchia


San Benedetto del Tronto | Il libro è disponibile in tutte le librerie italiane e anche online (www.editoririuniti.it).
di Sabrina Cava

L'autore A. Petrosa
In questi giorni mi è stata consigliata la lettura di questo libro che ho trovato subito estremamente interessante, al punto di desiderare di poterne parlare a San Benedetto con l’autore stesso. Chissà che non si possa fare.
 A dare alle stampe questo saggio dal titoloD’all’economia all’eutélia. Scintille di decrescita e d’anarchia ed edito dalle Edizioni per la decrescita felice,  è Alessandro Pertosa, un giovane filosofo decrescista e libertario. 
Maurizio Pallante, il principale teorico della decrescita felice in Italia, ha definito il libro diAlessandro Pertosa «un manifesto rivoluzionario, utopico e non violento che guarda all’eutéleia come a un nuovo modo di concepire le relazioni umane, sociali, politiche e comunitarie. Relazioni orizzontali e libertarie che legano gli uni agli altri in un abbraccio fraterno, grazie al quale è possibile sciogliere i risentimenti particolari, gli egoismi e le avide miopie: sì che alla fine lo spazio umano liberato dalla razionalità dell’homo homini lupus non è più luogo di competizione, ma ambito di convivialità e di rispetto, sia per l’Altro, sia per la natura circostante».
E il rispetto – Pertosa lo mette bene in mostra – contempla la misura, l’ordine, il limite che l’homo consumisticus (abitatore del nostro tempo) punta invece sempre a valicare, producendo di continuo ciò che deve essere acquistato e consumato a velocità sempre maggiore. Da ciò, non si deve tuttavia inferire che l’autore voglia opporre all’attuale sistema economico-consumistico un modello austero e pauperista; egli non ritiene, infatti, che sia sempre preferibile il motto «meno è meglio», perché il nodo della questione non è quantitativo, bensì qualitativo. Si può anche fare di più, purché ciò abbia un impatto costantemente minore sull’ambiente e soprattutto comporti per l’uomo un impegno – in termini di fatica e di ore impiegate nel lavoro – sempre minore. È dunque l’otium l’approdo cui tendere in vista della felicità. Anche le sue note biografiche le ho trovate degne della mia massima attenzione, peculiari al limite della curiosità.
  Alessandro Pertosa, 34 anni, è un filosofofreelance An-accademico per vocazione, pensatore eterodosso rispetto a qualsiasi ortodossia, scrive di teologia, di filosofia, di economia, di bioetica. Insofferente alle etichette e alle poliedriche forme che assume il potere dispotico, dicono sia anarchico, cristiano (a modo suo) e teorico della decrescita. Ama stare dalla parte degli ultimi, non tollera le competizioni e apprezza l’ozio. I rari momenti dinec-otium li trascorre insegnando l’arte del libero pensiero presso l’ISSR Mater Gratiae di Ascoli Piceno, dopo essere stato ricercatore in varie università. Insieme a Maurizio Pallante cura il sito-rivista www.artedecrescita.it.

venerdì 3 ottobre 2014

Nessun silenzio per le “sentinelle” omofobe - DOMENICA 5 OTTOBRE, BOLOGNA

Domenica in piazza San Francesco i Cattolici e Forza Nuova faranno le sentinelle in piedi contro i diritti civili... Rifondazione organizza contro-manifestazione con tanto di fracasso per rompere il silenzio delle sentinelle fasciste... Si prenderanno a botte? chi può dirlo... l'unica cosa che so per certo è che né l'uno né l'altro gruppo conta e conterà mai un cazzo!!!!! in ogni modo, pur sapendo che i fili che muovono le questioni esulano da noi poveri mortali che continuiamo a scannarci a vicenda inconsapevoli che qualcuno si sta cibando di noi giorno dopo giorno (fascisti o comunisti che siano!!), solidarizzo con Rifondazione e lodo l'iniziativa.. se non altro almeno quei coglioni silenziosi dovranno tapparsi le orecchie e sperare che qualcuno non tappi loro anche il buco del culo!!!! 

DOMENICA 5 OTTOBRE 2014
ORE 17:00, PIAZZA SAN FRANCESCO, BOLOGNA

Nessun silenzio per le “sentinelle” omofobe - Respingiamo i fascisti da Piazza San Francesco

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