giovedì 8 maggio 2014

RADIOCITTADECAPO: Bologna. Tra gli educatori dei centri estivi la paura è quella del volontariato



TRATTO DA: RADIOCITTADELCAPO NEWS




Bologna, 7 mag. – La situazione è la stessa da ormai qualche anno. Finisce la scuola a giugno, e gli educatori che lavorano in appalto per il Comune di Bologna sono costretti a cercarsi di nuovo lavoro. Pena un buco di due mesi in busta paga. C’è chi lo fa rivolgendosi direttamente ai centri estivi che danno ospitalità a bambini dai 3 agli 11 anni dal 9 giugno all’11 settembre, chi continuando a seguire i piccoli con handicap che gli erano stati affidati durante l’anno scolastico. Non tutti riescono però a trovare un’occupazione estiva. La vicenda riguarda circa 400, 450 persone, ma nemmeno i sindacati conoscono il numero preciso perché tra turn over e mini-contratti non è facile monitorare la situazione.
Quello che cambia per queste persone, una volta terminata la scuola e iniziato il periodo estivo, è lo stipendio. “Si passa da 1000, 1100 euro al mese a circa 800“, spiega un’educatrice con esperienza decennale che segue un bambino con handicap. Una somma che però non viene erogata immediatamente nella sua interezza. Nella pratica un educatore può trovarsi a passare dalle 35 ore settimanali di lavoro del periodo settembre-giugno a 20 o addirittura 15 ore nei mesi estivi. La paga scende così a 400 euro, e per le ore scoperte bisogna contare sulla cassa integrazione che però arriva anche con 5 mesi di ritardo e rispetto ad un paga oraria standard di 8,5 euro l’ora l’importo quasi si dimezza. “Il risultato è che bisogna mettere in conto di passare l’estate con uno stipendio che sembra la mancia dei genitori”. Quest’anno poi, a differenza del passato, c’è il rischio – al momento difficile da valutare – di un’esaurimento delle risorse per la cassa integrazione in deroga. “Sappiamo che ci sono soldi fino al 30 giugno, per il dopo c’è il punto interrogativo – spiega Simone Raffaelli dell’Fp-Cgil – La questione è molto complessa e spinosa, e non è certo chiusa qui”. Gli educatori che invece non si occupano di handicap per l’estate sono costretti a chiedere alla propria cooperativa un periodo di aspettativa, e una volta ottenuto possono aprire un rapporto contrattuale con la società  (una polisportiva ad esempio) che gestisce i centri estivi. E anche qui lo stipendio è più basso e con meno diritti. Ancora differente la situazione per i contratti a tempo determinato (un terzo del totale, poco più di un centinaio di persone circa) che sono considerati da molti i migliori, perché l’educatore ha il diritto all’assegno di disoccupazione che spesso è più alto di quanto guadagnerebbe lavorando. Un paradosso.
Quest’anno le cose potevano anche andare peggio. Nel documento di Asp Irides, che per il Comune si occupa della questione centri estivi, non era stato esplicitato l’obbligo della cosiddetta “continuità educativa“, cioè la pratica di non separare il bambino con handicap dall’educatore a lui assegnato da settembre a giugno. Una dimenticanza che è stata colmata martedì 6 maggio con la firma di un verbale di incontro in cui Palazzo d’Accursio si è impegnato a tornare sui propri passi di fronte a Cgil,Cisl e Uil. “Il Comune ha fatto la propria parte”, ha commentato soddisfatto il segretario generale della Fp-Cgil Michele Vannini. Così, per i circa 120 educatori che per la coop Quadrifoglio si occupano di handicap, la situazione è in qualche modo migliorata, o se si vuole è tornata al punto in cui già era nel 2013, anche se molto sarà legato alle scelte che fanno i quartieri nell’abbinamento bambini-educatori.
La grande incognita è però quel 40%, stabilito dal Comune, di quota massima ammissibile di volontari nei centri estivi. Tra gli educatori c’è chi teme che la gestione dei centri possa finire in massa nella mani di associazioni o altri enti sportivi o religiosi capaci di coprire parte del servizio con persone che accettano il lavoro gratuito e che non hanno le competenze educative necessarie, o che al limite si accontentano di un rimborso spese. Una situazione che Usb ha denunciato anche con un presidio e una protesta in consiglio comunale. “Una cosa vergognosa – spiega Marco Martucci dell’unione sindacale di base – Ogni anno ci sono 400 persone in difficoltà”.
Il 40% dei servizi in mano al volontariato, ragionano in molti, potrebbe rivelarsi una forma di dumping capace di rendere ancora più difficile il trovare lavoro in estate. “Ad inizio 2000 – racconta un educatore – i bambini che frequentavano i centri estivi erano tanti, ora sono molti di meno, forse quasi la metà”. Il motivo? “C’è la crisi, e tante famiglie preferiscono arrangiarsi come possono e spendere di meno”. Quello che è certo è che negli anni scorsi in nessun centro estivo si sono visti volontari – “tirocinanti sì, ma quella è un’altra cosa” – e la novità, messa nero su bianco con tanto di tetto massimo, fa paura. La Cgil vorrebbe che il prossimo maxi bando triennale da 27 milioni di euro, che assegnerà i servizi educativi di tutte le scuole di Bologna ad un’unica coop o cordata di coop, inglobi anche la gestione dei centri estivi. “Ma se già ora si parla di volontariato, come possiamo pensare che il Comune vorrà davvero fare una cosa simile?”, si chiede una lavoratrice.
La soluzione, per disboscare la giungla contrattuale che già c’è nel settore, potrebbe essere quella di inserire all’interno del contratto cooperative sociali tutti i lavoratori dei centri estivi. “Lo chiediamo da tempo, questa sarà la nostra battaglia”, promettono in Cgil. “Unificazione di tutti i servizi educativi scolastici cioè assistenza agli alunni certificati, servizi integrativi  pre scuola, post scuola, mensa, e i centri estivi”, chiede da mesi Usb.

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